Una signora sull’autobus mi ha detto che sì, ha fatto bene “Carola, la ragazza”, a salvare quelle persone in mare, ma portarle in Italia non doveva, e “mica perché gli immigrati siano un male”, dice ancora la signora, ma perché “le leggi ingiuste si cambiano, non si violano”. Strana idea di progressismo.
Avrei voluto dire alla signora che per cambiarle, le leggi, occorre spesso violarle. E violandole non si è criminali, come afferma certa politica, ma obiettori. La differenza è sostanziale, poiché l’obiettore dichiara apertamente che violerà la legge senza sottrarsi alle conseguenze, in nome di un’idea di giustizia che trascende le leggi stesse. Il criminale agisce nascostamente e per interesse personale, cercando di sottrarsi alla giustizia. Ma non ho detto nulla poiché l’attenzione è andata tutta su quel “la ragazza“.
Ecco, in questa vicenda la comandante della Sea Watch, Carola Rackete, è stata per tutti, sostenitori o detrattori, semplicemente la ragazza Carola. Un modo evidente per sminuirla, ridurla allo status di ragazzina immatura, impulsiva, le cui decisioni non possono essere consapevoli e adulte. Poverina, va capita, è giovane, è di buon cuore, in fondo ha agito a fin di bene. Oppure, è una bambina, occorre darle una lezione perché cresca e maturi, e poi che vada a giocare altrove, che qui – nel mondo adulto – non abbiamo tempo per le mattane estive di fanciulle idealiste. Chiamare per nome di battesimo una donna è, implicitamente, un modo per sminuirla. Il nome di battesimo lo usano gli insegnanti verso i discenti, e così la ragazza Carola diventa un’alunna, subalterna e infantile, che fa le marachelle e che va punita, perché no, con una bacchettata sulle dita.
Alla ragazza Carola si toglie così la dignità. La si delegittima. Smette di essere un interlocutore credibile. È solo una ragazza.
Sorprenderà poi sapere che Carola ha anche un cognome ma evidentemente una donna non ha dignità di cognome né di grado. La comandante Rackete avrebbe potuto essere percepita come una persona degna di essere ascoltata, ma la ragazza Carola non lo è. E qui sta il gioco sessista del potere. Si fosse trattato di un uomo sarebbe stato semplicemente il ragazzo Carlo? Ovviamente no.
Le donne che prendono decisioni, che scelgono liberamente, che mettono in discussione il potere (che è ancora, piaccia o no, espressione e pratica maschile) e magari sfidano il macho di turno, bullo di ministero, gradasso da cortile, ebbene queste donne fanno paura. Molto meglio rappresentarle come ingenue, impulsive, incapaci di scegliere. La ragazza Carola si potrà sempre mandare dietro la lavagna, in castigo. Per fortuna, la comandante Rackete no.
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